Sapete che un proverbio recita "Chi ben comincia è a metà dell'opera"? Fa proprio al caso nostro, non trovate?
Oggi vedremo come fare a creare un incipit efficiace, così da tenere incollato il lettore fin dalla prima pagina del vostro racconto.
Nella fase di revisione, infatti, cominciamo proprio a vedere se il tipo di incipit che abbiamo scelto è quello giusto.
In caso contrario... non ci resta che "revisionarlo", modificarlo.
Pronti per vedere quanti tipi di incipit possiamo inserire? Cominciamo.
Nella fase di revisione, infatti, cominciamo proprio a vedere se il tipo di incipit che abbiamo scelto è quello giusto.
In caso contrario... non ci resta che "revisionarlo", modificarlo.
Pronti per vedere quanti tipi di incipit possiamo inserire? Cominciamo.
L’INCIPIT (dal latino “incipere” = incominciare) rappresenta la parte
iniziale di una storia ed è molto importante perché serve a catturare l’attenzione di chi
legge: se l’incipit è efficace, il lettore sarà bendisposto ed invogliato a
leggere tutto il vostro testo.
Possono esserci diversi tipi di incipit: il testo può cominciare con una
formula tipica delle fiabe, con un modo di dire, una metafora, una
similitudine, un proverbio o una citazione, una riflessione, un’anticipazione,
una descrizione, una esclamazione, una domanda, un dialogo, una idea principale,
una azione. Insomma, puoi davvero sbizzarrisrti!
Prima di pensare all’incipit però dovete avere ben in mente l’argomento di cui avete intenzione di parlare (o di cui avete già parlato come nel caso nostro, visto che i racconti sono già cominciati) e il tono che volete usare. Ad esempio, se il vostro argomento è divertente, positivo ed ottimista, potete cominciare con un'azione, oppure descrivendo particolari insoliti o ancora con una esclamazione e una domanda detta in tono divertente.
Se il tuo argomento è invece serio, triste e malinconico, potete iniziare con una riflessione, una citazione, una domanda seria o una descrizione desolata.
Oltre a darvi dei consigli generali, comunque, vi fornirò modelli di eccezione per prendere spunto da loro: tenetevi forte!
Leggiamo alcuni esempi di incipit di romanzi per ragazzi, sia nuovissimi che un po' più datati, così da avere come modello addirittura gli scrittori di
professione!
Perchè noi pensiamo in grande, no?
Ok. Partiamo!
Incipit divertente in cui
il lettore viene catapultato direttamente dentro la storia (in linguaggio tecnico si dice “in media res” = nel mezzo alla cosa, in
latino):
“Insomma, è la storia di
Giovanni, questa.
Giovanni che va a prendere
un gelato.
- Cono o coppetta?
- Cono!
- Ma se il cono non lo
mangi!
- E allora? Neanche la
coppetta la mangio!
Giovanni che ha tredici
anni e un sorriso più largo dei suoi occhiali. Che ruba un cappello a un
barbone e scappa via; che ama i dinosauri e il rosso; che va al cinema con una
compagna, torna a casa e annuncia: “Mi sono sposato”. Giovanni che balla in
mezzo alla piazza, da solo, al ritmo della musica di un artista di strada, e
uno dopo l’altro i passanti si sciolgono e cominciano ad imitarlo: Giovanni è
uno che fa ballare le piazze. Giovanni che il tempo sono sempre venti minuti,
mai più di venti minuti: se uno va in vacanza per un mese, è stato via venti
minuti. Giovanni che sa essere estenuante, logorante, che ogni giorno va in
giardino e porta un fiore alle sorelle. E se è inverno e non lo trova, porta
loro foglie secche. Giovanni è mio fratello. E questa è anche la mia storia. Io
di anni ne ho diciannove, mi chiamo Giacomo.
Per prima cosa voglio
parlarvi del parcheggio, perché è lì che tutto è cominciato…” (classica formula
del flashback)
Giacomo
Mazzariol, Mio fratello rincorre i dinosauri
Ancora un incipit
divertente che parte da un’esperienza autobiografica (con formula di flashback abbastanza
simile):
“A otto anni mi è caduto
il primo dente e tutti in casa hanno fatto festa; io no, che ho pianto per
un’ora per la paura di diventare brutto come il nonno quando si toglie la
dentiera. La mamma ha telefonato alla nonna e l’ho sentita gridare:
“Finalmente!”
“Finalmente che cosa?” ho
pensato con rabbia, guardando il mio buco. “Perché mi vogliono sdentato?”
A dieci anni ho capito:
era per colpa della mia statura che volevano che perdessi i denti.
Non è che i denti facciano
crescere, sono io che ora sto facendo il balbuziente col cervello. Mi spiego
meglio, anzi, comincio da capo”.
Angela
Nanetti, Le memorie di Adalberto
Di nuovo un incipit
autobiografico, ma che inizia con una riflessione dal tono più serio.
“So di non essere un
normale ragazzino di dieci anni. Sì, insomma, faccio cose normali,
naturalmente. Mangio il gelato. Vado in bicicletta. Gioco a palla. Ho l’Xbox. E
cose come queste fanno di me una persona normale. Suppongo. E mi sento normale.
Voglio dire dentro.
Ma so anche che i
ragazzini normali non fanno scappare via gli altri ragazzini normali gra urla e
strepiti ai giardini. E so che la gente non li fissa a bocca aperta ovunque
vadano.
Se trovassi una lampada
magica e potessi esprimere un desiderio, vorrei avere una faccia così normale
da passare inosservato. Vorrei camminare per strada senza che la gente, subito
dopo avermi visto, si volti dall’altra parte. E sono arrivato a questa
conclusione: l’unica ragione per cui non sono normale è perché nessuno mi
considera normale”.
R.J.
Palacio, Wonder
Sempre in ambito
autobiografico, incipit di presentazione di sé capaci di suscitare l’attenzione
sul lettore:
“Ero cattivo. Lo sapevano tutti, a scuola si
parlava solo di me. Anche nel mio quartiere. Non stavo mai fermo, combinavo sempre
qualcosa. Avrei tanto voluto essere un bravo ragazzo di terza media, ma avevo
paura a comportarmi da bravo ragazzo perché temevo che i miei amici mi dessero
del bravo ragazzo.
Non che combinassi guai
grossi in paese, no, solo cose tipo sputare nell’acquasantiera, benedire i
gatti con l’acqua santa, appiccicare lo scotch sul pulsante del citofono del
parroco. Cose così, insomma. Niente di che.
Ma quella volta a scuola avevo esagerato…”
Antonio
Ferrara, Ero cattivo
“Lo stesso giorno in cui
nascevo io, nonno Colty moriva. Alcuni credono che nell’attimo della morte
l’anima esca dal corpo, come una scia, una nebbiolina leggera che non vede
l’ora di riaccasarsi in una nuova persona. Se questo è vero, mi piace pensare
che l’anima di nonno Colty abbia scelto me”.
Sara
Weeks, Da oggi sono felice
Questo è un incipit che,
con una esclamazione, ci introduce subito nel pieno della vicenda:
“Mamma, mamma!” grida Luca
entrando in casa dopo la scuola. “Andiamo via una settimana, tutta la classe!
Facciamo una specie di campo scuola in un posto con un nome strano! Wow!”
Massimo
Birattari, La grammatica ti salverà la vita
Questi, al contrario, sono
due incipit in cui compaiono delle domande:
“Hai visto? Baffi non c’è!
Elena mi guarda come se si
aspettasse che sappia qualcosa, ma che diavolo ne so io di quella lì?”
Pina
Varriale, Ragazze cattive
“La
prima volta che le ho viste, ho creduto che fossero angeli. Cos’altro potevano
essere quelle loro ali chiare, leggere e sottili come garza, la musica che le
avvolgeva e la luce che le ammantava?”
Kenneth
Oppel, Il nido
Questo incipit contiene invece
una similitudine:
“Era un brulicare di
studenti fuori dal cancello.
Ce n’erano talmente tanti
che, guardati tutti insieme, sembravano quasi fermi.
Un po’ come quei formicai a
piramide: tu vedi questa specie di cono possente e immobile fatto di terra,
detriti e aghi di pino, ma quando ti avvicini scopri l’attività frenetica di
migliaia di formiche” (la similitudine diventa metafora: i ragazzi sono così simili alle formiche che, non
contenta del paragone, la scrittrice li identifica direttamente diventare
formiche)
Lorenza
Bernardi, In punta di dita
Una azione, anzi una serie
di azioni, per un altro incipit dal tono divertente:
“La signora Berta
Bartolotti stava facendo colazione seduta nella sua poltrona a dondolo. Bevve
Quattro tazze di caffè e mangiò tre panini con burro e miele, due uova bollite,
una fetta di pane nero con prosciutto e formaggio e una fetta di pane bianco
con patè di fegato. Siccome mangiava e beveva dondolandosi – d’altra parte le
poltrone a dondolo son fatte per questo – la vestaglia celeste le schizzò di
marrone (caffè), di giallo (uovo), e la scollatura le si riempì di briciole di
pane.
La signora Bartolotti si
alzò e saltellò su un piede per il soggiorno, finchè tutte le briciole caddero
dalla vestaglia. Poi si leccò le dita impiastricciate di miele e si disse:
“Ora, cocca mia, ti lavi, da brava, ti vesti e te ne vai a lavorare, ma di
corsa!”
Rivolgendosi a se stessa,
la signora Bartolotti si chiamava sempre “cocca mia”.
Cristine
Nostlinger, Il bambino sottovuoto
Sempre un incipit
d’azione, e che azione! Adrenalina fin da subito!
“Partito! Mi
sembra impossibile. L’ho fatto, l’ho fatto davvero. Ho preso l’auto e sono
andato, sono uscito dal garage, dal vialetto, dal cancello, dalla via, e adesso
sto guidando. Ho il cuore sotto i denti che batte come un tamburo impazzito.
Io
che guido una macchina. E che macchina! Un’Audi 3000! Nessuno, nessuno ci
crederebbe. Perfino io faccio fatica a crederci. Forse sto solo sognando. Mi do
un pizzicotto. Ahi! Non è un sogno! Rimetto la mano sul volante prima di
combinare guai”.
Antonio Ferrara e Guido Sgardoli, Nemmeno un
giorno
Con incipit del genere il
cuore della storia viene chiarito fin dalle prime righe:
“Vera C. è morta il 2
novembre, in una mattina stranamente grigia e afosa, nella sua casa”
Stefania
Gatti, Il mistero di Vera C
“Mezzanotte e 7 minuti. Il
cane era disteso sull’erba in mezzo al prato di fronte alla casa della signora
Shears. Gli occhi erano chiusi. Sembrava stesse correndo su un fianco, come
fanno i cani quando sognano di dare la caccia a un gatto. Il cane però non
stava correndo, e non dormiva. Il cane era morto”
Mark
Haddon, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte
“Tutto cominciò con l’assassinio
di Mister Darsey. Anzi no. A pensarci bene, tutto cominciò qualche settimana
prima, il pomeriggio in cui finimmo di costruire la canoa”
Davide
Morosinotto, Il rinomato catalogo
E’ ora la volta di leggere
qualche incipit descrittivo:
“La porta peserà almeno un
quintale: è tutta di legno di castagno massiccio ma soprattutto è letteralmente
ricoperta da piastre metalliche spesse due dita. I cardini sono tre e ognuno
lungo una spanna, sempre di ferro pieno. E poi c’è la serratura enorme,
anch’essa di ferro, che sporge dal legno come una scatola ed è stata avvitata
dall’esterno, per cui chi è dentro non ha la minima speranza di strapparla alla
porta. Insomma, è un ostacolo insuperabile, che si apre oltre a tutto verso
l’interno e su tre lati appoggia contro le pareti di pietra spessa un braccio.
Del resto, dall’altra parte della porta, nel corridoio, ci devono senz’altro
essere delle guardie armate…
Di tanto in tanto, si
sente uno spaventoso sferragliare di chiave. L’uscio si spalanca di quel poco
che è sufficiente a permettere di scaraventare dentro un poveraccio che quasi
sempre finisce per terra, tanto è forte la spinta di chi ce lo butta senza il
minimo riguardo. Poi la porta ferrata torna a sbattere, la chiave gira
fragorosamente in senso inverso e torna il silenzio. Un silenzio di tomba. Il
poveraccio si rialza, si guarda intorno, e capisce che, da lì, uscirà magari
soltanto quando… beh, chissà?” (crea un’atmosfera
inquietante, non c’è che dire…)
Marco
Polo, Il Milione
“E’ troppo buio per essere
buio.
Non so neanche da quanto
tempo sono qui.
Fermo.
Sembra un’eternità.
Non mi piace: così è
davvero troppo buio, non è mai successo prima. Certe volte capitava che andasse
via la luce per qualche minuto, però sulla cornice del soffitto si accendevano
immediatamente le lucine azzurre per mostrare i contorni delle cose. Le stesse
che restano accese quando dormo”
(atmosfera inquietante anche qui…)
Luigi
Ballerini, Io sono Zero
“In
mezzo alle montagne c’è il lago d’Orta. In mezzo al lago d’Orta, ma non proprio
a metà, c’è l’isola di San Giulio. Sull’isola di San Giulio c’è la villa del
barone Lamberto, un signore molto vecchio (ha novantatrè anni), assai ricco
(possiede ventiquattro barche in Italia, Svizzera, Hong Kong, Singapore),
sempre malato. Le sue malattie sono ventiquattro. Solo il suo maggiordomo
Anselmo le ricorda tutte. Le tiene elencate in ordine alfabetico in un piccolo
taccuino: asma, arteriosclerosi, artrite, artrosi, bronchite cronica, e così
avanti fino alla zeta di zoppìa. Accanto a ogni malattia Anselmo ha annotato le
medicine da prendere, a che ora del giorno e della notte, i cibi permessi e
quelli vietati, le raccomandazioni dei dottori: Stare attenti al sale che fa
aumentare la pressione, limitare lo zucchero che non va d’accordo con il diabete,
evitare le emozioni, le scale, le correnti d’aria, la pioggia, il sole e la
luna” (Le formule ricorrenti e gli
effetti “scatole cinesi” danno
atmosfera ironica e divertente).
Gianni
Rodari, C’era due volte il barone Lamberto
“Oggi è domenica e io e Victor siamo andati
al Museo. Di tutti i posti della città, il Museo dell’Ermitage è senz’altro il
mio preferito. Occupa un’intera fila di palazzi sulle rive del Neva, ma il più
grande è il Palazzo d’Inverno, che è una reggia bellissima con la facciata
bianca e verde e mille statue d’oro che brillano come un firmamento” (descrizione
semplice, ma con similitudine d’effetto,
quasi “visiva”)
Davide
Morosinotto, La sfolgorante luce delle stelle rosse
E, per finire, incipit con
tipica formula da fiaba, all’apparenza semplice ma contenente, ad una lettura
più attenta, sempre riflessioni di una certa profondità:
“Un tempo lontano, quando
avevo sei anni, in un libro sulle foreste primordiali, intitolato “Storie
vissute della natura”, vidi un magnifico disegno. Rappresentava un serpente boa
nell’atto di inghiottire un animale. Eccovi la copia del disegno. C’era
scritto: “I boa ingoiano la loro preda tutta intera, senza masticarla. Dopo di
che non riescono più a muoversi e dormono durante i sei mesi che la digestione richiede”.
Meditai a lungo sulle
avventure della jungla. E a mia volta riuscii a tracciare il mio primo disegno.
Il mio disegno numero uno. Era così:
Mostrai il mio capolavoro
alle persone grandi, domandando se il disegno li spaventava. Ma mi risposero:
“Spaventare? Perché mai, uno dovrebbe essere spaventato da un cappello?”
Il mio disegno non era un
disegno di un cappello. Era il disegno di un boa che digeriva un elefante.
Affinché vedessero chiaramente che cos’era, disegnai l’interno del boa. Bisogna
sempre spiegargliele le cose ai grandi”.
Antoine
De Saint_Exupéry, Il Piccolo Principe
Visto che bei modelli! E quanti esempi da cui potete prendere spunto!
A titolo di informazione, comunque, non posso non citarvi gli incipit più
famosi di tutta la letteratura italiana (e non solo quella italiana). Vediamone tre.
“Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
che la diritta via era smarrita.
Ah quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura”.
Dante Alighieri, La Divina Commedia
“Quel
ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte
di monti, tutte a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di
quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di
fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il
ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile
all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e
l’Adda ricomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi
di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi
seni”.
Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi
“C'era una volta...
- Un re! - diranno subito
i miei piccoli lettori.
No, ragazzi, avete
sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno.
Non
era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d'inverno
si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare
le stanze.
Non
so come andasse, ma il fatto gli è che un bel giorno questo pezzo di legno
capitò nella bottega di un vecchio falegname, il quale aveva nome
mastr'Antonio, se non che tutti lo chiamavano maestro Ciliegia, per via della
punta del suo naso, che era sempre lustra e paonazza, come una ciliegia
matura”.
Carlo Collodi, Pinocchio
Adesso… al
lavoro!
Lavorate a coppie (o a
piccolo gruppo), rileggete gli incipit, confrontatevi tra voi e scrivete sul taccuino una
riflessione sugli incipit che avete particolarmente gradito.
Gli incipit che avete
scelto danno indicazioni su come procederà il resto del libro? Vi danno voglia di
continuare a leggere? Quale strategia di scrittura vi ha colpito? Quale tipoo di incipit potrebbe fare al caso vostro perchè ben si adatta al tipo di racconto che avete intenzione di scrivere?
Ricordate questo insegnamento: cercate di pianificare bene
l’argomento e il tono che volete utilizzare per essere sicuri di scegliere un
incipit d’effetto.
Ora che conoscete le tecniche per cominciare
il vostro racconto, cercate di sperimentare più di un incipit, fate
qualche prova e poi scegliete quello che secondo voi è più efficace.
Ralph Fletcher, autore di molti libri sulla scrittura, usa una metafora
bellissima per descrivere il processo di revisione degli incipit: scrivere come
una cascata. Dice che molti scrittori principianti iniziano i loro brani troppo
lontano dalla corrente, lontano dallo scroscio della cascata. Quando uno
scrittore cerca un incipit dovrebbe sempre cominciare dallo scroscio della
cascata, alla sorgente dell'energia
e iniziare da lì il suo brano.
Provate
anche voi a cominciare dalla vostra “cascata”. Buon lavoro.
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